Aprendo gli occhi quella
mattina, mi resi conto che c'era qualcosa che non tornava. Ero
sdraiata sul letto come al solito, con gli occhi che puntavano il
soffitto ma a differenza delle altre volte, non riuscivo a ricordare
cosa avevo fatto ieri. La mia abitudine di ricordarmi, appena
sveglia, il giorno precedente, era un vecchio vizio, preso molto
tempo fa, quando ancora dovevo creare tutti i miei movimenti,
pensieri, deduzioni ... diciamo da quando ero nata, o quasi. Ed ora,
che questo piccolo spazio risultò vuoto, rimasi spiazzata. Ma prima
di poter sviluppare la questione, la sveglia annunciò il momento
d'inizio della giornata nuova e non avendo altro tempo a
disposizione, l'accaduto rimase non spiegato. Il dito della mia mano
automaticamente spense la spia luminosa posta sul polso della mano
opposta e senza indugiare tanto, presi la via del soggiorno, dove,
come tutte le mattine, mi aspettava già acceso il mio caro amico
Davide, computer di notevoli dimensioni, ma oltretutto di notevole
capacità di lavoro. Era posto in un angolo dove da un lato era
coperto dal muro, ma dall'altro c'era un finestra che non finiva
più, con una meravigliosa vista sul giardino. Il giardino che si
poteva ammirare, specialmente di questi tempi quando il sole era il
padrone della terra e del cielo, il tempo della piena estate, il
tempo del mese di Luglio, il tempo che non poteva che metterti un
buon umore, anzi un buonissimo umore. E per non tradire le
aspettative di quel Sole che aspettava il mio buongiorno, mi
collegai a Davide tramite il "pettine" che tenevo sul polso e gli
dissi con una voce insolita al mio consueto comportamento mattutino
- Buon giorno Davide! Come hai dormito?
- Dormito?
- Si, perché, di notte cosa si fa, si balla? Da quanto mi hanno
spiegato, di solito si cerca di sognare qualcosa di bello. Hai
sognato stanotte?
- Sognato? Ma Ilaria, questa mattina dai i numeri o sta succedendo
qualcosa di cui io non sono al corrente?!
- Non lo so Davide se sta succedendo qualcosa o meno, - dissi,
continuando a guardare il giardino tinto di mille colori - ma
stamani mi sento diversa. Il Sole lo vedo più brillante, l'alba più
limpida, il passo più leggero, la voce più squillante e quasi quasi
avrei voglia di sorridere!
- Sorridere?
- Ma che cos'hai stamattina? Tutto ti sembra così strano, ripeti le
mie parole come un pappagallo e ti mostri sorpreso come se cadessi
dal cielo!
- Ecco, forse quella è l'unica parola sensata.
- Ti riferisci al cielo o che io cada di lassù? - dissi divertita
- Lascia perdere, perché se continuo a ripetere quello che dici, non
si finirà mai. Allora, da dove si comincia stamani?
- Ora sei tu quello che cade dal cielo... Se non ricordo male, io
dovrei partire per le vacanze o sbaglio? - guardavo quello schermo
come se fosse una persona viva e aspettando la sua risposta
contorcevo le dita in modo a me poco consueto. Per un attimo mi
tornò in mente il vuoto di memoria di qualche minuto fa, ma il led
rosso che si accendeva e spegneva con una frequenza per Davide
insolita e visto che la risposta si faceva attendere più del
previsto, ripetei la domanda, perdendo di nuovo di vista il fatto di
memoria.
- Allora, mi sbaglio o no?
- Abbi pazienza, ma non me lo ricordavo.
- Davide, mi deludi. Hai più mega tu di quello della NASA e ora mi
vuoi dire che non ti ricordi della mia partenza? Dai, non prendermi
in giro!
- Mi vuoi togliere una curiosità. Quando l'hai decisa?
- Cosa, la partenza? - questa volta ero io che facevo la finta
tonta. Il vuoto di poco prima si mostrò in tutta la sua grandezza.
Ma prima di poter rispondere, Davide mi tirò fuori dalle sabbie
mobili
- Lascia perdere, ho trovato il "cassetto" dove era nascosta la tua
decisione e scusa per il mio comportamento. La colpa è soltanto del
mio desiderio di non rimanere solo e di conseguenza senza poter
colloquiare per qualche giorno con nessuno.
- Sembrerebbe quasi una proposta di venire con me?
- Già. Potremmo fare una bella coppia.
- Ma ti rendi conto che non esiste un portatile così capiente da
poter trasferire tutte le tue memorie e programmi?
- Tutti no, ma una buona parte, si. Diciamo quelli "divertenti".
D'altronde, cosa ne faresti del programma di antifurto, annaffiatura
del giardino, cottura cibi, programmazione economica dell'azienda o
simile. Vedi, questo è uno dei miei vantaggi, mi posso dividere
anche in quattro! Allora, che ne dici?
- A pensarci bene, non sarebbe una cattiva idea. Se non altro potrei
avere un interlocutore durante gli spostamenti da un posto
all'altro.
- E no! Se mi porti con te vorrei essere il tuo inseparabile "amico"
nella cattiva ma anche nella buona sorte! Non hai pensato che forse
anch'io vorrei conoscere qualche spicchio di questo mondo che mi
circonda, questo mondo che conosco quasi alla perfezione ma che non
ho mai avuto l'occasione di toccare, udire, vedere...
- Davide, tu non hai gli occhi. Non lo puoi vedere!
- Ma tu si! Sarai la mia guida scelta. Io ti regalerò qualcosa che
questi mortali non potranno mai ottenere e tu, in cambio, mi
rivelerai qualche emozione di cui non sono capaci nemmeno i più
perfezionati Computer al mondo.
- Non hai nemmeno le emozioni!
- Non esserne tanto certa. Mi hanno programmato diverse persone e
ognuna mi ha regalato qualcosa all'insaputa dell'altra. L'unico
problema è che sono incapace a collegarli. Tu, se vorrai, potrai
essere quel filo di collegamento che aspetto da non so quanto tempo
e per stuzzicare la tua curiosità, ti dico soltanto che il mio
regalo si nasconde proprio dietro quei collegamenti.
- Davide, abbiamo cominciato il discorso scherzando, ma mi sa tanto
che ha deviato in un campo minato. Tutto può essere, ma spiegami
come faccio a spiegarti il colore, mettiamo il rosso. E se anche
riuscissi con il colore, come farei con la tristezza, il sorriso, le
lacrime, l'amore, l'amicizia..
- Piano, piano, una cosa alla volta. Intanto per l'amicizia avrei la
risposta.
- E sarebbe?
- Prima mi devi promettere che avrai l'interlocutore giusto durante
gli spostamenti da un posto all'altro.
La mia curiosità era troppo grande per pensare alle conseguenze
della mia risposta
- E va bene, hai vinto! Ora la risposta sull'amicizia.
- Te la sei data da sola! Tu sei la mia amica!
Il silenzio di una frazione di secondo sembrò un'eternità per poi
sfociare in una conclusione ovvia ma con le porta aperte a tutte le
soluzioni
- Ma questo sarebbe una deduzione logica! Non siete dotati di questa
virtù!
- No, è vero. Però io sono collegato a una che si chiama Ilaria!
Me ne resi conto che le porta delle soluzioni si spalancavano...
- Ma tu sai altrettanto bene che mi posso collegare e scollegare a
mio piacere.
- Si, è vero, ma non lo farai. Sei mia amica ed io ho una immensa
fiducia nel mio unico amico.
- Come ti sei spiegato la parola fiducia?
- Non ora. La spiegazione potrebbe protrarsi a lungo e le vacanze
hanno i giorni contati. Perciò, valigie alla mano e si parte.
- Non hai tanto torto. Una volta partiti di tempo ne avremo a
volontà, perciò io preparo le valigie e tu cerca di trasferire i
programmi che potrebbero servirci per passare una vacanza
interessante. Quanto tempo ti occorre?
- Almeno un paio d'ore.
- E poi dicono che noi donne siamo lunghe!
- Ilaria!
- Non ti offendere dai, dovrai abituarti agli scherzi.
- Scherzi?
- Ecco, ci siamo, ma questa volta sono io ad accantonare la risposta
aspettando tempi migliori. Ora ti preparo il portatile e cerchiamo
di fare i preparativi nel minor tempo possibile. - e staccando il
pettine dal braccialetto, gli detti una pacca sul video. Dopo
qualche secondo, Davide era pronto per il suo trasferimento e così
potei dare più attenzione ai preparativi delle mie cianfrusaglie. E
soltanto allora mi resi conto che ancora non mi ero lavata nemmeno i
denti. Lavare i denti? Ma, una mattinata proprio matta! Aprendo
l'armadietto del bagno, stranamente, non trovai nessun spazzolino,
ma per non fare ulteriore polemica con me stessa, ne iniziai uno
nuovo e così la questione fu conclusa. Una pettinata veloce, un pò
di rossetto sulle labbra, un pò di profumo dietro le orecchie e con
qualche altro ritocchino ero pronta a spiccare il volo. La borsa si
riempì in un battibaleno, un maglione si trovò a tracolla come
certezza che le stagioni potrebbero anche tradire le loro abitudini
e l'allegria che mi riempì mostrava chiaramente che le ferie erano
iniziate. Le due ore richieste da Davide non erano ancora passate,
perciò, senza disturbarlo, misi fuori la macchina dal garage, chiusi
le finestre, controllai il gas, il frigorifero e tutto quello che è
di ordinaria amministrazione quando si parte per le vacanze. Quando
tutto era a posto e non avendo altro da fare, dovetti rompere
l'anima a Davide
- Allora, hai finito il tuo trasloco?
- Quasi. Mi mancano ancora un paio di programmi.
- Li hai scelti bene?
- Anche quelli di cui non sei a conoscenza.
- Sbagli. Con il "pettine" dovrei essere in grado di raggiungere
anche il più lontano dei tuoi pensieri.
- Hai detto bene, dovresti! Ma come puoi essere certa del
raggiungimento della meta?
- Il programma!
- Il tuo o il mio?
- Non ti puoi programmare da solo!
- Scommettiamo?
- La mia è una certezza!
- Scommettiamo?
- Davide, mi vuoi impaurire?
- No di certo. L'unica cosa di cui puoi essere certa è che non ti
farò mai del male. Non mi hanno programmato per farlo e se non ci
sono le fondamenta non si può costruire nemmeno il tetto! E poi,
questa potrebbe essere l'occasione che aspetto da tanto tempo -
dimostrare quanto possiamo essere umani!
- Ma gli umani possono essere anche cattivi.
- Non per loro libera scelta. Nella maggior parte dei casi sono
stati costretti a diventarlo per sopravvivere o perché mai coccolati
dalla culla dell'amore. Poi, la società che è costituita dalle
stesse persone, piene di potere e vuote d'amore, rifinisce l'opera
d'arte condannandoli spesso anche alla morte senza condannare mai
quelli che hanno provocato e costruito lo strumento della
cattiveria. Noi, a differenza degli umani, quando costruiscono per
la guerra, sappiamo fin dall'inizio a cosa andiamo incontro. Gli
umani no. A noi ci devono dire l'inizio e, se vogliono che si
funzioni, anche la fine. L'umano non conosce mai la fine, quello
senza potere si intende ed è anche l'unico che paga il conto alla
fine della fila al supermercato o inciampa in una forca.
Lo guardavo sempre più sconcertata, ma non potevo far finta di
niente e saltare il discorso. D'altronde, per dire la verità, mi
incuriosiva anche. Non l'ho mai sentito ragionare in questo modo e
quello che mi sorprendeva di più era che sembrava così poco
artificiale. Perciò decisi di accettare il dialogo come se fosse una
cosa più che normale
- Come quando a voi staccano la corrente.
- Più o meno. Soltanto che adesso esistono le batterie ricaricabili
anche con il sole, perciò abbiamo qualche vantaggio nei loro
confronti. A proposito di batterie, non ti scordare le mie di
ricambio, non si sa mai. Mi dispiacerebbe perdere questa occasione
soltanto per una stupidaggine del genere.
- Allora anche tu hai qualche paura.
- Dicono che tutti hanno delle paure ma ti prometto che non ci sarà
posto per loro nei nostri giorni di vacanze. Insieme formeremo una
coppia invincibile. Dai, stacca la corrente e attacca le batterie.
Si parte. La giornata dovrebbe essere bellissima.
- Come lo sai?
- Ti ho sentita canticchiare prima in bagno. Non si canta quando
piove.
Non conoscevo Davide da quel lato. E' vero, mi ha sempre sorpreso
con le sue capacità veramente immense, ma quest'oggi ha superato se
stesso. Non avevo mai pensato a chi l'aveva programmato eppure
conoscendo tante cose sul computer, ho dovuto ammettere che questo
sconosciuto aveva un'immaginazione superba, vasta e che doveva
vedere le cose da più punti di vista senza farli confondere. O forse
il vantaggio di Davide scaturiva proprio da lì, come ha detto lui
stesso, perché era programmato da più individui e così ha raggiunto
la vera possibilità di essere obiettivo, quello che agli umani è
quasi impossibile raggiungere essendo egoisti e quindi difficilmente
propensi a cambiare il proprio punto di vista.
Chiusi il portatile dopo avergli inserito le batterie e chiudendo la
porta di casa, ero sempre più convinta che queste vacanze avrei
passate in un modo inconsueto.
Quando tutto era sistemato al suo posto, la borsa nel portabagagli,
il maglione sulla spalliera e Davide come passeggero d'onore sul
sedile accanto, detti un ultimo sguardo al mio giardino. Per dire la
verità, era l'unica nuvola che disturbava questo cielo meraviglioso
nonostante sapessi che Davide aveva provveduto anche a lui lasciando
in funzione il programma che lo riguardava.
- Cosa ne pensi Davide, gli mancherò?
- Non conosco questo sentimento.
- E come quando una frase rimane a metà. Come quando ti voglio
aggiornare in uno dei programmi e per una telefonata ti lascio senza
le parole finali, quelle più importanti che in fondo collegano tutte
quelle precedenti.
- Ma io non posso sapere che mancano finche non hai completato il
programma.
- Allora da dove hai tirato fuori quel discorso di poco fa dove
cercavi in me un complice per collegare quelle parti, consapevole
della loro esistenza ma senza conoscere il loro potere?
- Ed è proprio per questa ragione che sei stata "assunta". Per
aiutare quella parte di me che è ha conoscenza della propria
esistenza ma non altrettanto delle proprie capacità.
- Allora, non potresti chiamare questo stato di cose con la parola -
mancare?
Il silenzio di Davide mi confermò che forse la prima lezione era
cominciata senza che ce ne fossimo accorti nessuno dei due.
- Allora?
- Dicono che tutte le cose viventi, in un modo o nell'altro,
rimangono legate agli esseri da loro prescelti. Legati con il tatto,
lo sguardo o anche soltanto con il pensiero. Legati nella realtà,
nel sogno o nell'immaginazione. Nel passato, presente o futuro.
Presente che è già passato o futuro che forse non verrà mai. Perciò,
se sarai capace di dedicargli almeno una volta al giorno un
frammento della tua vita e lui ti avesse prescelta come essere di
sua fiducia, non credo che sentirete la reciproca mancanza.
- Impari alla svelta!
- Quella parte del programma è stata definita tanto tempo fa.
Imparare! Realizzare!
- Mi potresti rammentare ogni mattina di ricordarmi del mio
giardino?
- Allora non saresti tu l'essere da lui prescelto!
- Ma tu non sei vivente!
- Ma lui diventerebbe l'essere prescelto da me!
Questa volta rimasi io senza parole. Ebbi una sensazione a dir poco
strana. La sensazione dove i calcoli matematici di Davide si
trasformavano in un intreccio di parole che con il passare del tempo
prendevano sempre di più la collocazione già prescelta in passato e
mai messa in opera fino ad ora. Un'altra sensazione però spalancava
la porta della mia mente; sarà molto difficile insegnare qualcosa a
qualcuno come lui senza rimanere fregati nei sentimenti.
- Ti piacerebbe?
- Certo, ma il giardino ha già fatto la sua scelta ed io non posso
competere con il suo primo amore!
- Hai ragione, gli voglio troppo bene e lui lo sa ma questa volta i
compiti saranno divisi. Io penserò alla parte spirituale e tu alla
parte pratica della sua sopravvivenza.
- Ma se non ingrani la marcia e non ti muovi in un tempo
ragionevole, credo che dovremo pensare anche alla nostra di
sopravvivenze essendo esposti al sole come due aringhe dentro una
scatola e vista la temperatura nell'abitacolo che aumenta
vertiginosamente.
- Imparare! Realizzare! Sempre efficiente e in orario. Ma ora
cambiamo discorso. Vuoi rimanere collegato con la tua prescelta o
vuoi goderti un po' di libertà?
- A cosa serve la libertà se non si può vedere cosa ci circonda, se
non si sente il ronzio della giornata splendida o piovosa, se non si
può assaporare il vento nell'aria o leggere la poesia preferita?
- Davide, oggi ti sei alzato troppo "concentrato". Non vorrai per
caso parlare della libertà proprio ora, a mezzogiorno di un
mercoledì di Luglio, con il sole che non ci dà tregua e senza aver
fatto ancora un metro delle nostre vacanze?
- Hai ragione, ma il mio desiderio di conoscere è così grande che
non so da ché parte cominciare.
- La parte te la troverò io, ma ora vorrei partire.
- Allora, che aspetti?
Lo guardai per un attimo pensando a cosa rispondere, ma lasciai
perdere, perché avevo capito in quel momento che il mio compito non
sarebbe stato soltanto di creare ma anche di interrompere le
discussioni. Perché? Perché Davide semplicemente non conosceva il
significato della parola - il tempo. Contenta di questa deduzione,
ingranai la marcia allontanandomi velocemente nel completo silenzio.
Si vede che tutti e due avevamo qualcosa da pensare. Dico tutti e
due, perché il classico ronzio di Davide, quando elaborava i dati,
faceva capire chiaramente che qualcosa gli passava per la "mente". E
questo qualcosa puntualmente spuntò fuori dopo qualche istante
- Aspetta un po', mi sbaglierò anche, ma ho la vaga sensazione che
qualcosa mi manchi.
- Ti manca qualcosa? Non dirmi che ti sei scordato a casa qualche
programma interessante!
- Non è che mi sono scordato io, ma questa volta sei tu ad esserti
scordata qualcosa che per di più riguarda me!
- Io? Che riguarda te? Ma non dovevi pensarci da solo a tutto ciò
che ti riguarda?
- Si, è vero, ma finché non mi montano un paio di braccia, non potrò
portare niente di concreto all'infuori delle parole. La stampante,
Ilaria. Mi manca la stampante!
- E che te ne fai della stampante!?
- E tu cosa te ne fai della macchina fotografica?
Arrestai le mie "quattro ruote" e mi girai verso Davide come che mi
potesse vedere e capire la faccia stupita che lo guardava
- Ma cosa c'entra la mia macchina fotografica con la tua stampante?
- Perché mi rispondi con una domanda?
- Perché non vedo il nesso.
- Prima rispondi e poi ti connetto io.
Stetti zitta per qualche istante e poi gli detti la risposta che era
radicata nei miei pensieri da quando l'avevo comprata
- Allora... diciamo per esprimere quello che con le parole non è
possibile.
- O perché spesso le parole dette hanno un accento che quelle
impresse non vorrebbero avere.
- Vorresti dire che con la mia macchina fotografica do la
possibilità ai "lettori" di esprimere il proprio sentimento
guardando una foto che forse era scattata con tutt'altra intenzione
e così tu, facendo leggere i tuoi pensieri, dai la stessa
possibilità ai tuoi interlocutori?
- Ognuno è libero di intendere le cose alla sua maniera, no?
- Caspita! La tua deduzione non fa una grinza. Ma per realizzare il
tuo desiderio dovrei tornare indietro e rifare le operazioni già
fatte, dall'allarme in poi.
- Non te ne pentirai. Ricordati della mia promessa!
- Un bel ricatto. Ti accontento ma non per la tua promessa. Credo
che tu abbia il diritto di goderti la vacanza come te la sei
programmata. In fondo, siamo soltanto al cancello, nella speranza
che non ti venga in mente una cosa del genere quando saremo a
qualche chilometro da casa.
- Niente paura, tutto già controllato!
E così, per accontentare un "amico", feci marcia indietro e dopo
qualche minuto aveva la sua tanto desiderata stampante accanto a
lui. Attacandola, sentì soltanto un timido clic, sembrava quasi come
il nostro sospiro dopo aver realizzato un qualcosa da tempo
desiderato. Lasciandolo crogiolare nella infinita possibilità dei
suoi calcoli, ripresi la via delle vacanze, sperando di poter
dedicare le prossime ore ai miei pensieri che non trovavano le
proprie radici da quando aveva suonato la sveglia mattutina. Tutto
era pronto nella mia mente, ma non avevo fatto i conti con il viavai
delle vetture, motocicli e biciclette, che così, di nuovo, dovetti
mandare i miei pensieri al pascolo concentrandomi soltanto al
traffico che mi circondava e che inesorabilmente complicava sempre
di più la mia giornata, visto che si avvicinava l'ora di pranzo,
aumentando da un momento all'altro. Con tutto questo movimento, le
ore passavano senza accorgermi dei chilometri macinati e quando mi
fermai per prendere una boccata d'aria, mi resi conto che ero a
pochissima distanza dalla mia meta, che era pomeriggio inoltrato e
che il sole si preparava a tramontare in silenzio, come d'altronde
tutti i giorni precedenti, ma con il desiderio di regalarci questa
volta un insieme di colori che si potevano ammirare soltanto qualche
volta nella vita. Questo desiderio si annusava nell'aria, si
avvertiva con la disposizione delle nuvolette in cielo, con la calma
del mare che silenzioso giaceva sotto la rupe, quale la strada
costeggiava da qualche chilometro e col fruscio del venticello che
timidamente arruffava i miei capelli. Tutto questo notai nell'arco
di qualche attimo e nel prossimo arrestai il motore per verificare
se il mio presentimento era giusto. Appena spento, il silenzio
inondò tutto ciò che mi circondava. In quel momento non mi domandai
come era possibile sentire tutta quella quiete in mezzo al traffico
estivo, ma acchiappai automaticamente la macchina fotografica e
accompagnata dallo strano mormorio di Davide, scesi dall'automobile
per prepararmi a memorizzare il racconto di un tramonto che mi
sarebbe stato narrato da lì a poco. A tutto un tratto, così nel
silenzio, inspiegabilmente ebbi bisogno di sentire la voce atona di
Davide e delle sue, per lui così strane deduzioni
- Come mai sei così silenzioso?
- Elaboravo qualche dato fra me e me.
- E sei arrivato a qualche conclusione?
- Devo ancora arrivarci, mi hai interrotto sul più bello.
- Guarda, che il più bello deve ancora venire!
- Riguardante cosa?
- Hai mai visto un tramonto?
- Visto? Non credo di aver avuto la possibilità di vedere mai
qualcosa. Casomai ho calcolato il tempo fra la partenza e l'esatto
arrivo della palla di fuoco sull'orizzonte, la distanza che ci
divide, la quantità di calore emanato, ma vedere per me è sempre una
frontiera proibita. Però oggi, forse, se mi darai una mano, potrebbe
essere abbattuta!
- E come?
- Se ti colleghi con me di nuovo, forse potrei usare i tuoi occhi
per vedere e i tuoi orecchi per udire.
- Il risultato delle tue elaborazioni "mentali"?
- Per ora soltanto gli occhi, per il resto devo ancora controllare
se è possibile realizzarlo.
- Davide, una volta iniziato il pasto, l'appetito ti verrà mangiando
e sarai inesorabilmente legato a me! - e mentre mi collegavo a
quella massa di diodi, cip e fili inscatolati, per un attimo pensai
soltanto a quali risorse aveva attinto per realizzare una cosa del
genere.
- Come tu a me per scoprire cosa hai fatto ieri, l'altro ieri o
qualsiasi altro giorno di cui non hai memoria!
Non gli avevo parlato della mia sensazione di non ricordare. Da dove
l'ha tirato fuori questo discorso?
- Dai tuoi pensieri, le paure e il non voler sapere cosa è successo
realmente.
- Domandarti come fai a sapere cosa penso, credo che sia
inevitabile!
- Come è inevitabile la mia risposta: per mancanza di tempo - no
coment!
- Ok. Accetto la sfida cercando di essere una persona ragionevole
usando una cosa di cui voi siete sprovvisti - il ragionamento.
Siccome a questo punto mi interessa di più quello che ho fatto ieri
che sapere come fai a leggere i miei pensieri, in fondo prima o poi
sarai costretto a spiegarlo se vorrai che io ti dia una mano nella
tua performance, e visto che abbiamo ancora qualche minuto prima che
il Sole cominci il suo racconto, potresti cominciare il tuo
tirandomi fuori dal labirinto in cui sono entrata da quando ho
aperto le palpebre questa mattina.
- La tua osservazione maliziosa devo "salvare" o tralasciare?
- Davide, fammi almeno sperare di poter avere, nei tuoi confronti,
qualche asso nella manica!
- Vuoi sapere quello che hai fatto ieri o quello che hai pensato,
desiderato, sognato, scritto, dedotto o imparato in tutto questo
tempo che ti divide dalla tua nascita?
Lo guardai per un attimo esterrefatta. Non soltanto perché non aveva
"fiatato" sui miei assi, ma aveva fatto una osservazione a dir poco
strana. Io non mi ricordavo di ieri, mica di tutta la mia vita! Mi
costrinsi a pensare all'altro ieri, poi alla settimana scorsa, alle
vacanze dell'anno precedente, all'infanzia e all'adolescenza per poi
capire, stupita e incredula, che Davide aveva ragione. Sapevo
camminare, parlare, guidare, distinguere i colori, le stagioni, il
giorno dalla notte, il salato dal dolce ma su chi ero veramente non
ebbi risposta nemmeno nei più lontani ricordi della memoria. Poggiai
la macchina fotografica sul muretto e mi girai verso Davide quasi
impaurita
- Ti rendi conto di cosa stiamo parlando?
- Certo.
- Non hai nient'altro da dire?
- Soltanto che non devi avere timore. Ti è rimasta l'intelligenza e
con quella, compreso il mio aiuto, potrai superare il buio della tua
mente.
- Anche queste parole erano una parte della tua elaborazione di
qualche minuto fa?
- Non è soltanto di qualche minuto fa. E' da stamani, da quando mi
hai chiesto se ho dormito, che cerco modo e maniera di riorganizzare
quello che hai perso nell'arco di una notte. Non ho ancora capito
cosa è successo di preciso ma in compenso spero di aver trovato il
modo di ricreare il tuo "ieri" e in seguito farti capire chi sei
veramente.
- Davide, ti rendi conto da quanti giorni sono nata, di quante ore
si compone il mio passato, di quanti minuti i miei pensieri? E poi
per di più, non credo che ci conosciamo da così tanto tempo!
- Si, è vero, ma spero di essere riuscito a trovare la chiave
d'accesso con la quale potrò "insegnare" te stessa.
- E sarebbe?
- Non conoscendo tutti i momenti della tua vita, perciò ho cercato
di usare quelli che sono "concentrati" sperando che qualcosa sia
rimasto nei meandri dei tuoi ricordi da cui potrai tirare fuori i
collegamenti e con poche parole ricreare una buona parte di te.
- Meno male che eri tu quello che aveva bisogno di collegamenti.
- Non si sa mai Ilaria. Forse questo è il modo giusto anche per me.
Non ti scordare che per realizzare una cosa simile dovrò attingere
in ogni parte di me e così, tirandole fuori dai suoi gusci,
facendole conoscere e comunicare fra di loro per poi aiutare il
prossimo, probabilmente troverò la via per collegare anch'io i miei
avi!
- Funzionerà?
- Spero. Lo spero per te, per me, per i tuoi ricordi e per i miei
desideri.
- Da dove si comincia?
- Ho pensato per ore da dove sarebbe opportuno iniziare, in quante
parti dividere la tua vita per poterla gestire meglio, se cominciare
da ieri o l'altro ieri... E poi, ho trovato un punto della tua
esistenza dove si trovano tutti e due i momenti.
- Come si fa a vivere contemporaneamente due momenti così divisi dal
tempo?
- Si tratta di una tua lettera..
- Lettera? Ma che c'entra la lettera..
- Mi vuoi far finire una buona volta almeno una frase per intero?
Aspetta almeno la fine della mia proposta per commentare! D'accordo?
- Ok, ti ascolto.
- Ricominciamo. Si tratta di una tua lettera, indirizzata al
giornale col quale collaboravi spesso e che avevi accompagnato con
una fotografia. Se, quando sarai alla fine della lettura, riuscirò a
captare la tua reazione che almeno somigli a quella del giorno in
cui l'hai scritta, la chiave sarà quella giusta e una buona parte
del tuo ieri tirato fuori dalle tenebre.
- E' per questo che volevi la stampante?
- Già. La mia voce metallica non potrebbe mai esprimere quello che
tu sentivi in quel momento.
- E come hai fatto a capire quello che sentivo?
- L'avevo letto! Esattamente come farai tu ora.
E mentre io guardavo il tramonto che mi regalava un mazzo di mille
colori, le nuvolette mille figure e il vento le onde arricciate,
Davide, come tutti i calcolatori funzionanti, batteva la mia lettera
sul foglio bianco latte. Il desiderio di scattare qualche foto
scomparve con le ultime parole di questo essere inerme, freddo e
instancabile elaboratore ma in quel momento diventato l'unica mia
speranza per ritrovare quello che ci fa diversi da tutti gli altri
esseri sulla terra; avere un passato, un ricordo, un ieri per poter
valutare il domani. Come ho detto? Freddo, inerme?... Forse fino a
poco tempo fa. Cambiate le circostanze, cambiano anche le opinioni o
quelle dovrebbero rimanere indelebili nel tempo? Lo accarezzai sullo
schermo. Sembrava un cucciolo indifeso...
- Ma collegato a qualcuno che in un certo modo gli vuole bene!
Tieni, la pagina è completa. Ora tocca a te!
Presi il foglio senza fiatare. La vista, fino a poco tempo fa
perfetta, si annebbiò senza una ragione plausibile. La mano calma,
che teneva l'obiettivo, si tramutò in un tremolio leggero ma
costante. Il battito del cuore aumentò, il respiro si spezzò ma il
desiderio di conoscere era troppo grande e le prime parole presero
corpo.
Caro Redattore, che poi in realtà è una Redattrice ma come tante
parole maschili suona male mettendole la gonnella. Questa volta Le
mando una fotografia che da sola spiega poco o niente ma nasconde
una storia che Le vorrei raccontare.
- Davide, e la foto?
- Quella non me l'avevi "data".
- Cosa rappresentava?
- Un arcobaleno!
- E quando avrei scritta questa lettera?
- C'è la data nell'angolo a destra. Leggila!
Aveva ragione. Era di circa otto mesi fa. Portava la data del cinque
dicembre dell'anno scorso. Un strano tremolio scosse il mio corpo.
Paura? Paura di non sapere cosa avrei trovato dietro quelle righe
scritte? Paura di tutto ciò che non avevo il tempo di spiegare
nemmeno a me stessa? La paura che di solito nasce perché non si
conosce il domani ed io l'avevo perché non conoscevo il mio ieri?
Quante domande! E a pensarci bene avevo detto a Davide che si era
svegliato "concentrato".
- Così siamo in due! Dai, non avere tutta questa paura, non hai
pensato che forse dietro le righe ti aspetta una bella sorpresa?
- Già. Forse! Conosci la sorpresa?
- Te l'avevo già detto prima, potrò sapere la risposta soltanto dopo
aver captato la tua reazione!
Strinsi le labbra, feci un bel sospiro e tornai con gli occhi sulla
carta che instancabilmente aspettava la mia lettura.
La mattina in cui si è svolto il fatto, ero seduta nel mio
"Cinquino" aspettando che scattasse il verde su uno dei tanti
semafori che ci complicano la vita quotidiana guardando fuori dal
finestrino il tempo che stava sostituendo i raggi del sole con
nuvole gonfie e grigie. Ad un tratto, dall'altra parte della strada,
notai una signora con sotto il braccio la mano della sua, suppongo,
figlia. La figlia non mi dette tanto nell'occhio quanto l'anziana
signora che mi colpì con il suo modo di camminare, testa alta,
spalle dritte... Il modo con quale stringeva la mano della figlia,
il suo portamento fiero che le si leggeva negli occhi mostrando
chiaramente quanto era contenta di averla accanto. Guardandole,
dissi sotto voce: quanto mi piacerebbe essere al posto della
ragazza, stringere il braccio di mia madre e vederla contenta di
avermi a fianco. I secondi passarono e le sagome delle donne
sparirono dalla mia visuale. Due lacrime scesero lungo le guance,
sentì il dolore dentro il petto, ma un clacson dietro le mie spalle
suonò e il momento fuggì. Si chiederà il perché delle lacrime?
Perché il mio desiderio doveva rimanere per sempre soltanto un
desiderio poiché mia madre da dodici anni a questa parte non poteva
più stringermi sotto braccio e nemmeno essere fiera di avermi
accanto! Allora si chiederà cosa c'entra l'arcobaleno della foto con
il mio racconto? Aspetti, il racconto non è ancora finito. Dunque...
suppongo che conosce quella novella intitolata "L'arcobaleno", dove
si narra di una bambina che voleva diventare un maschietto e per
tenerla buona le avevano spiegato che per avverare il suo desiderio
sarebbe dovuta passare sotto un arcobaleno? L'arcobaleno arrivò e
lei si incamminò ma non riusciva mai ad acchiapparlo e dopo un lungo
cammino morì esausta senza aver realizzato il suo sogno a lungo
sognato. Ecco il nesso; anche a me fu raccontata questa storia da
mia madre quando ero piccola, perché anch'io desideravo essere un
maschietto e portare i pantaloni al posto della gonnella e così, nel
pomeriggio quando apparve in cielo questo arcobaleno, mi venne in
mente il fatto del mattino e la signora anziana. Sa, io non credo in
Dio, Dio maggiormente conosciuto, ma non sono nemmeno atea. Credo
profondamente che ciascuno di noi, a modo suo, ha il "suo" Dio ed il
mio è il pensiero quotidiano a lei, la quale non può più chiamarmi
al mattino e nemmeno darmi il bacio della buonanotte la sera.
Cominciavo pian piano a tremare come una foglia al vento. Avvertì il
solletico nel naso che annunciava un evento inevitabile, le lacrime
e sentendo il fruscio del sangue che passava sempre più velocemente
dentro le vene mi sembrava di vederla, mia madre. Fiera, con la
testa sempre alta, dolce, immersa perennemente dentro i libri con
poco tempo da dedicarmi ma sempre presente nei momenti difficili.
Mia madre. Per un attimo ebbi paura del passato, perché il suo viso
si mostrò sbiadito e lontano dal tempo consumato, ma subito dopo il
mio amore la fece avvicinare a portata di mano mostrandomi il suo
eterno sorriso stampato sulle labbra i suoi occhi dolci che mi
guardavano con affetto materno e immersa dentro un cappotto di
cammello che le faceva le spalle larghe come un paio di ali spiegate
sopra la mia testa difendendomi da tutto e tutti. E se mi aveva
"sentito" questa mattina? E se mi voleva dimostrare, a modo suo, la
contentezza di avermi avuto accanto anche se soltanto per qualche
istante? E Lei mi dirà, ma l'arcobaleno è soltanto un arcobaleno, va
e viene in un battibaleno! E non avrebbe tanto torto se anche il
"mio" arcobaleno fosse sparito in un battibaleno. Ma quello rimase
lì per più di due ore!!! Ha mai visto un arcobaleno "soffermarsi"
così a lungo? Sarà stato soltanto un sogno, un mio desiderio di
sentirla vicino, una visione apparsa ad una persona in quel momento
sola e sconsolata o forse, ogni tanto, questo "nostro" Dio fa
capolino sopra le nostre teste permettendoci di passare qualche
volta sotto l'arcobaleno?
Chiusi gli occhi rimanendo nel buio assoluto. Quello che prima era
soltanto un avvertimento si avverò e due lacrime scesero lungo le
guance, sentì il dolore dentro il petto e le mani stringere a tal
punto che soltanto con l'arrivo del dolore capì che forse dovevo
mollare. Dentro la testa un caos totale. Sotto le palpebre mi
sembrava di guardare un film a velocità, a dir poco, raddoppiata...
il giardino pubblico con la giostra in legno, il canarino giallo che
chiamavo "professore" perché aveva delle macchie nere a forma di
occhiali, i miei quattordici anni quando volevo diventare pilota, la
scoperta di non essere la primogenita, le primule a primavera... Per
non impazzire, dovetti aprire gli occhi e fissare per un attimo il
sole che "colava" nel mare salutandoci con gli ultimi raggi color
ruggine. Mi costrinsi a calmare il respiro, ad asciugare le lacrime
e sopprimere il dolore nel petto che diventava insopportabile.
Poggiando la lettera sul sedile accanto, detti uno sguardo a Davide
e con un filo di voce dissi
- Non dirmi che le sorprese dietro le righe saranno tutte di questa
intensità!
- Per tua e anche mia fortuna, no! Però, ora abbiamo la chiave
d'accesso per il tuo passato ed il mio futuro. Non credevo molto nel
esito dell'esperimento ma con il tuo aiuto ci siamo riusciti.
- Il mio aiuto?
- Il mio era soltanto un supporto tecnico, la tua parte molto più
complicata. Se tu non avessi vissuto i tuoi giorni in modo così
intenso e così profondo, forse tutto questo sarebbe stato
irrealizzabile.
- Sai, mi sembra di vedermi bambina, adolescente e adulta tutto in
un fotogramma solo. Credo di non avere mai sentito una cosa simile.
- E non pensare che la rivivrai qualche altra volta.
- Ma tu mi hai detto che ci sarebbe stato dell'altro "salvato" nella
tua memoria.
- Questo "altro" è veramente tanto. Ma siccome siamo stati bravi il
grosso è stato fatto nel minor tempo possibile. Ti mancherà qualche
sentimento, ho ancora da scoprire quale, ti mancherà qualche evento,
avrai qualche buco nero tra un ricordo e l'altro ma al confronto di
un'intera esistenza sono veramente briciole.
- Sai Davide, da tanto tempo non mi intrufolavo nei ricordi
dell'infanzia. E se ci penso bene, esistono pochi eventi che ricordo
limpidi e chiari.
- Tu non hai mai tempo per te stessa. Corri come una trottola da un
capo all'altro e vorresti ricordare quello che hai fatto trent'anni
fa? Dai, non farmi ridere! Però se cercassi di soffermarti qualche
volta su qualche momento della tua vita e ti sforzassi a ricordare,
chi sa se poi sarebbero così pochi.
Non aveva tanto torto. Non avevo mai terra ferma sotto i piedi, non
sapevo mai quale giorno della settima fosse, la stagione alla meglio
perché sentivo il caldo o il freddo e poi gli anni, non ho mai
nemmeno cominciato a contarli. Ma in quel momento la brezza notturna
che accarezzava le mie spalle nude con un tocco quasi gelido, mi
avvertì che non era né l'ora né il momento giusto per cominciare a
contarli proprio ora.
- E se ci soffermassimo sul fatto che se non ci sbrighiamo forse
nemmeno un albergo troviamo?
- La camera a una o due letti?
- Due?
- E io chi sono? Devo dormire per terra?
Lo guardai di sbieco e scoppiai a ridere come non so da quanto
tempo. Questa volta le lacrime si fecero avanti per una ragione
molto più allegra ma quello che mi dispiacque era di non poter udire
l'allegria di Davide, perché senz'altro, dopo aver fatto una battuta
del genere, anche lui avrebbe "voluto" poter ridere. Come se mi
avesse udito, il suo led aumentò di frequenza, lo schermo divenne di
mille colori e nell'orecchio mi arrivarono dei clic consecutivi
distanziati dalle pause irregolari. Era una supposizione
impossibile, quella che mi frullò per la testa, ma comunque dovetti
formulare la domanda
- Non dirmi che sei riuscito a spiegarti la parola - ridere?!
Silenzio.
- Davide, mi hai sentito? - Il mio sorriso si era spento in attesa
della sua risposta, ma questa non arrivava. Il led continuava il suo
gioco e i colori si mescolavano sempre più freneticamente.
- Davide, rispondi!
Quasi a singhiozzi arrivò una specie di risposta
- Aspetta qualche secondo finché non ho riordinato i miei circuiti!
Aspettai senza muovere un dito. Credo che, in quel momento, ero la
persona più sorpresa al mondo e come tale rimasi senza parole.
Quando passarono quei secondi richiesti da Davide, il led si spense
e lo schermo divenne grigio come di solito suo.
- Grazie.
- Grazie di cosa, Davide?
- Della tua risata. Ora so cosa significa ridere. Significa essere
felici, contenti, fidarsi ed essere di fiducia. Non sentirsi soli,
anche se spesso soltanto nella mente, avere fiducia nel prossimo e
non murare barriere fra la realtà ed l'impensabile.
- Impensabile? Perché hai detto impensabile e non impossibile?
- Forse non te lo ricordi, ma hai usato proprio tu questa parola una
volta sostituendola all'impossibile in un contesto che inizialmente
mi sembrava assurdo, ma poi avevo capito cosa volevi dire e da
allora la parola impossibile cerco di usare il meno possibile.
- E sarebbe?
- Il tuo contesto te lo racconterò poi, quando avrai smaltito la
"sbornia" dei sentimenti che ti hanno inondato. Il mio, scaturisce
dal desiderio di renderlo realizzabile anche nel mio mondo, questo
mondo così freddo, sterile, senza logica né sentimento. Non potrò
mai sentire le lacrime sulle guance, è vero, ma forse un giorno
potrò distinguere quelle di felicità da quelle che portano il buio
dentro l'anima. Non potrò mai guardarmi nello specchio scoprendo le
rughe del tempo sulla pelle, ma forse potrò intuirle, rilevando la
differenza tra un pensiero giovane da uno con tanto fardello sulle
spalle. Per ora mi accontento di aver capito il sorriso!
- Davide, ho deciso di rinunciare.
- Di rinunciare a cosa?
Essendo una voce metallica senza accento né emozione, sembrava una
domanda qualsiasi, ma credo, se Davide avesse potuto dimostrare il
suo sentimento in quel momento, le parole pronunciate sarebbero
suonate quasi gridate dalla disperazione nascosta.
- Vedi, con questa tua domanda hai rivelato tutta la tua paura. Ti
mancava soltanto la modulazione della voce e sarebbe stata una frase
perfetta. Diciamo che questa tua modulazione mancata me la sono
formulata io nei miei pensieri e così ho perfezionato il tuo timore.
Ma tu non lo devi avere, non riguarda né te né le vacanze. Riguarda
il mio stupore nei tuoi confronti che non mi lascia in pace da
stamattina. Semplicemente rinuncio a cercare di spiegarmi che cosa
succede realmente. Tutto qui. Farò finta che tu sia un essere umano,
un po' strano è vero, ma così almeno smetterò di maltrattare il mio
senso del possibile.
- Sbagliato!
- E perché?
- Perché il mio modo di pensare, comportare e dedurre sarà sempre
quello di un calcolatore, con mille controlli incrociati, senza
sentimento e senza la possibilità di sbagliare.
- E allora perché cerchi di diventare più umano acquisendo quella
virtù che si chiama sensibilità?
- Forse perché troverei divertente sbagliare ogni tanto! Dicono che
sbagliando si impara. Chi sa che non sia la strada giusta per
realizzare l'auto programmazione!
Sembrava che mi guardasse con mille occhi nascosti dentro lo schermo
grigio e per assicurarmi di non vaneggiare accesi la luce
nell'abitacolo. Gli occhi non li trovai, ma la mia figura riflessa
sullo schermo, quella sì. Tutto ad un tratto, alla figura specchiata
si cominciarono ad aggiungere dei punti luminosi, che uno dietro
l'altro riempivano lo schermo. Più aumentavano e più prendevano
forma somigliando sempre di più alla mia figura specchiata per
finire di copiarla del tutto. Sorrisi e i punti si mossero
mostrandomi un qualcosa che era molto simile a quello reale. Mossi
la mano per spostare il ciuffo dei capelli che era sceso, ostruendo
la mia vista a dir poco stupita e i puntini seguirono il movimento,
solo che la mano invece di essere a sinistra sullo schermo si mostrò
a destra. Per un attimo rimasi immobile, con la mano alzata e il
respiro incantato. Mi sembrava di essere un pupazzo, un pupazzo di
stoffa o di peluche, di pezza o di legno, ma quello che avevo capito
mi fece semplicemente dimenticare la mia buffa posizione.
- Davide, non dirmi che quello che mi passa per la testa è vero!
- Quello che ti passa è che riesco ad usare i tuoi occhi per vedere?
- Ma io non posso vedermi nel modo in cui mi hai dipinto sullo
schermo! Non posso vedere me stessa!
- Però, con la luce accesa, ti sei specchiata nel mio schermo e ti
sei vista - Per qualche istante rimanemmo in silenzio tutti e due,
ma quando Davide si rese conto che io non ero capace di assorbire
ulteriori colpi di sorpresa, disse soltanto
- Prima o poi capirai e come succede spesso, nel momento meno
aspettato.
Ripresami dallo stupore, decisi di rispondere in modo alquanto
normale. Forse era l'unico modo per diventare immuni a tutto quanto
e acquistare un po' di tempo per riflettere e aggiunsi soltanto
- Spero prima che poi. Ora che ne diresti di muovere le gambe e
andare a mettere qualcosa sotto i denti?
- Denti?
- Ognuno a modo suo! Chi sa se non cresceranno anche a te prima che
finisca questa vacanza incantata!
- In un certo modo quelli di latte sono sulla buona via di spuntare!
- Scherza, scherza. - e mettendo in moto il mio antico mezzo di
trasporto, detti un ultimo sguardo all'orizzonte. Viola, era viola
con il mare blu notte, adornato dalle schiume bianche che sembravano
una collana di perle, la brezza notturna che suonava una canzone
soltanto a lui conosciuta e questo marasma umano che probabilmente
rappresentava la sua rabbia e delusione! Davide, Davide! Ma perché
vorrà conoscere questo nostro mondo in cui per perdersi ci vuole un
soffio spirato un po' più forte. Non gli è sufficiente vedere me e
lo stato in cui mi sono ridotta dopo una notte passata in modo per
ora sconosciuto. Sconosciuto per me! E se Davide conoscesse la
risposta? Lasciamo perdere le domande che si accavallano una dietro
l'altra senza aver nemmeno il tempo di definirsi e le risposte che
arrivano a singhiozzi, per di più capite male o addirittura per
niente, non avendo spazio sufficiente dentro la mia mente per poter
spiegare le ali. Una sola cosa era certa in questo momento, avevo
fame ed ero stanca. Aggiungendo il sonno alla mia constatazione e
una grande voglia di dormire almeno ventiquattr'ore di seguito, capì
di essere contenta di aver trovato almeno una cosa reale e sicura in
tutta questa giornata a dir poco strana. Dormire e sognare. Sognerò
o mi sveglierò consapevole di aver sognato un bellissimo sogno?
Impensabile? Chi sa se Davide si ricorderà di raccontarmi il mio
impensabile. |